Tradizionalmente il mese di maggio è dedicato alla Madre di
Dio: Maria Santissima. Tuttavia, sarebbe un errore ritenere, come nel mese di
marzo in onore di San Giuseppe, tali dediche un superamento della lode,
dell'onere e della gloria che solo a Dio vanno rivolte. La Vergine Santa, non a
caso viene definita, nelle c.d. Litanie Lauretane: "Porta del Cielo",
ma non è il Cielo! "Luce del Mattino", ma non è il Mattino.
"Rifugio dei peccatori", ma non è Lei a rimettere i peccati!
"Madre del Salvatore", ma è Cristo che ci ha redenti con la
sua passione, morte e risurrezione! Cosa ci insegna questa globale azione
servente della "...Benedetta tra le donne"? Che maggio
è il mese (espressione metaforica della vita) dell'umiltà, del servizio, o se
si preferisce, fondendo questi due termini di: servizio umile e/o umiltà
servente!
D'altra parte non può sussistere: né umiltà senza servizio,
né servizio senza umiltà, giacché chi è davvero umile non ha timore di
"sporcarsi" le mani servendo, ovverosia agendo per Dio e per Dio per
i suoi fratelli, dovunque essi siano e in qualunque condizione si trovino. Il
tempo? Tutti abbiamo tempo per stare con Dio! Chi ritiene di non averne è
perché sa che impegnarsi con Dio e, per Lui, per gli altri, costa fatica,
umiliazione, incomprensione, giudizio, persecuzione, possibile assenza di
qualunque ringraziamento e/o tornaconto. Tutto ciò potrebbe esserci richiesto e
ciò spaventa! Sempre! Ma San Paolo, in due straordinari momenti della sua evangelizzazione,
griderà, prima alla comunità dei Filippesi : "Tutto posso in
Colui che mi da la forza" (Fil 4, 13) e poi (quasi come in un
continuum) alla comunità dei Corinzi, che, poiché tutto può in Colui che gli da
la forza: "Mi vanterò (...) ben volentieri delle mie debolezze,
perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze,
negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte
per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte".
(2Cor 12, 9-10). Ecco che lo "scandalo" della Croce ritorna
preponderante su ogni esperienza di servizio nel nome di Cristo a favore dei
fratelli. Essi, non sono solo coloro che vivono abbandonati, poveri e
schiacciati dalla fame e dalla nudità perenne (in tutte le sue forme). Povertà,
miseria, indigenza, sottosviluppo ed ogni più turpe iniquità che si possa
immaginare, sono certezze che la corruzione del peccato, pro-genitoriale, ci
ha, purtroppo "donato" e che permarranno sino a quando, l'ultima e
definitiva venuta di Gesù Cristo, la c.d. parusia, non ristabilirà la
giustizia assoluta di Dio su tutto l'essere e il divenire. Dunque: che fare nel
mentre? Aspettare la fine? Confinarsi in mondi virtuali dove la realtà è meno
invadente e brutale? Vivere come se Dio ed il prossimo non esistessero? Certo
sono tutte possibili soluzioni, ma non soluzioni di un cristiano-cattolico che
dalla croce attinge forza per la risurrezione! Cristo stesso, pur sapendo che
non tutti avrebbero aderito al suo invito: "...amatevi gli uni gli
altri come io ho amato voi" (Gv 15,12), ci ricorda l'evangelista
Luca che: "Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato
elevato in alto (crocifisso n.d.r.),egli prese la ferma
decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme" (Lc 9,51).
Dunque, la fermezza di recarsi nel luogo dove l'avrebbero ucciso, non ha fatto
desistere il Salvatore dal profondere ogni sforzo per salvare tutti, o meglio
tutti coloro che accetteranno, da quel momento in poi, di essere salvati.
Questa prima dinamica, umiltà con servizio, ci è
insegnata, magistralmente, da San
Giacomo nella sua lettera quando scrive: "A che serve, fratelli
miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse
salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo
quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi»,
ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la
fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta" (Gc 2,
14-17).
La seconda dinamica, strettamente collegata alla prima è: servizio
con umiltà. Infatti, la Santa Madre Chiesa e per essa tutti coloro nella
quale servono Dio e per Dio il prossimo, sono servi umili come ci ricorda
Cristo: "Così anche voi (sulle orme del Maestro, Gesù
n.d.r.), quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite:
«Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare»".
Dunque, il servizio non è appagamento di personalismi, non è operosità in
assenza di impegni (pur lodevole e corretta), non è riconoscimento di una
capacità (sebbene i talenti vadano utilizzati), ma è disinteressata donazione
di carità operosa, silenziosa ed umile; mai al centro di interessi e/o di
potere ma sempre disponibile ad accogliere quanto c'è da fare, modesto o meno
che sia.
Dove dirigere il nostro potenziale umile servizio - servizio umile? Dirà
Gesù ai sui discepoli: "In verità, in verità io vi dico: un servo
non è più grande del suo padrone..." (Gv13, 16). Pertanto e dato
che, si è già detto, non tutti e non sempre sarà possibile sollevare
l'indigente dalla polvere, il malato dal suo letto di dolore, il bambino dal
suo abbandono, allora il prossimo sarà il mio familiare (madre, padre, fratello,
cugino, zio, nonna/o) a cui perdonerò, consiglierò, conforterò e/o a cui
parlerò semplicemente di Dio secondo la mia esperienza, o con il quale reciterò
una posta di rosario e così via. Ancora: il mio vicino, magari burbero,
scostante, addirittura nauseante, per taluni, e verso di lui effonderò tutto lo
sforzo possibile frutto di quell'amore crocifisso di cui si è parlato sino ad
ora, offrendogli il più grande e profondo dei sorrisi che Iddio certamente mi
concederà premiando il mio sforzo, a patto che sia umile e sincero.
C'è ancora il proprio posto di lavoro. Servire con umiltà è
fare bene il proprio dovere rinunziando a pratiche disoneste, aiutando il
collega in difficoltà e/o parlare di Dio laddove nessuno ne vuol sentire
neanche "l'odore".
Ovviamente, tutto ciò sarà possibile solo se ci appoggiamo,
come ci ha ricordato San Paolo, a Colui che ci da la forza: Gesù Cristo nostro
Signore. Come? Rinvigorendo la nostra vita con i sacramenti, la Confessione e
la Comunione almeno ogni domenica; la preghiera personale e quella familiare;
il digiuno (il mercoledì e il venerdì a pane ed acqua, secondo le indicazioni
della madonna di Medjugorje); tutte le opere di carità possibili, sia
spirituali che materiali. Il resto? Lo farà, certissimamente, Dio Padre
Onnipotente.
Questo mese sia il trampolino di lancio per una nuova vita
di fede in Cristo Gesù Signore nostro. Maria Santissima sarà, senza dubbio, la
nostra guida sicura contro ogni tentazione di abbandonare la via che ci conduce
a Dio e porto sicuro contro gli attacchi di Satana. Al riguardo scrive San
Giacomo: "Dio resiste ai superbi, agli umili invece dà la sua
grazia. Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà
lontano da voi". (Gc 4, 6-7).
- riaccostarsi ai sacramenti: Confessione e Comunione con maggiore frequenza. Perché non panificare, in relazione al proprio status, almeno in questo mese, la messa quotidiana?;
- pregare, almeno in questo mese, ogni giorno il Santo Rosario. Se non fosse possibile tutto, recitare almeno una posta ogni giorno (cioè 10 Ave Maria, precedute dalla lettura meditata del mistero e di un Padre nostro e seguite, le 10 Ave, dalla recita di un Gloria al Padre) e cercando poi di incrementare di volta in volta la pia pratica;
- pensare ad un fioretto che sia compatibile con le proprie attività. Meglio un proposito mensile, che è possibile estendere anche ai mesi successivi, che uno quotidiano che ci si potrebbe dimenticare di stabilire. Es.: privarsi di un alimento non indispensabile. Proporsi di vivere la quotidianità con maggiore umiltà e affidamento a Dio. Fare con serietà, cortesia e carità il proprio lavoro offrendo a Dio le contrarietà che in esso si incontreranno. Rinunciare all'acquisto di oggetti non indispensabili e, messi da parte i soldi non spesi, destinarli alla Chiesa e/o alle opere di carità che più si desidera sostenere (in particolare ricordiamo i costi necessari per la formazione delle vocazioni alla vita consacrata) e così via, secondo quanto la generosità del proprio cuore ci suggerisce.
Valori da esprimere:
- umiltà nella carità;
- gioia anche nelle avversità;
- speranza in Dio Padre.